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Quanto guadagna un coltivatore di caffè? E perché la cosa ci riguarda

Quando pensiamo al caffè, la mente corre subito all’aroma intenso di una moka fumante o all’espresso gustato al bancone di un bar. Ma dietro ogni tazzina che beviamo c’è una storia molto più complessa, spesso invisibile, fatta di fatica, instabilità economica e, in molti casi, di ingiustizie.

Quello che troppo spesso ignoriamo è una semplice, scomoda verità: i coltivatori di caffè, ovvero coloro che rendono possibile il nostro piacere quotidiano, vengono pagati pochissimo. E questo problema ci riguarda più di quanto pensiamo.

Il paradosso del caffè: una delle bevande più vendute al mondo, ma con guadagni minimi per i produttori

Il caffè è la seconda commodity più scambiata al mondo dopo il petrolio. Milioni di persone lo bevono ogni giorno, in ogni parte del pianeta. Eppure, i coltivatori, in particolare quelli dei paesi del cosiddetto Global South, come Brasile, Etiopia, Colombia, Honduras e Vietnam, ricevono solo una frazione del prezzo finale.

Secondo l’International Trade Center, ai produttori di caffè spetta in media circa il 10% del prezzo al dettaglio. Se consideriamo che una tazza di caffè in un bar può costare intorno ai 1,50–2,00 euro (e anche 4 euro o più in molti paesi), significa che il coltivatore guadagna circa 15–20 centesimi per ogni tazza. In alcuni casi, come in Brasile, la percentuale può scendere sotto il 2%.

Quanto guadagna davvero un coltivatore?

Le cifre variano enormemente a seconda della regione, delle condizioni di lavoro, delle dimensioni dell’azienda agricola e del tipo di caffè prodotto. Tuttavia, in media, un piccolo produttore può guadagnare tra 1 e 2 dollari al giorno. Questo è un reddito ben al di sotto della soglia di povertà stabilita dalle Nazioni Unite.

In molti paesi, i coltivatori ricevono pagamenti stagionali, devono affrontare periodi di scarsità, fluttuazioni di prezzo sul mercato globale e spesso non hanno accesso a mezzi finanziari, tecnologia o formazione agricola. Inoltre, il lavoro nei campi è fisicamente estenuante e, per ridurre i costi, intere famiglie, inclusi i bambini, sono coinvolte nella raccolta.

Il ruolo del commercio equo e del caffè specialty

Di fronte a questa realtà, una delle risposte più significative è rappresentata dal movimento del commercio equo e solidale (Fair Trade) e dalla crescita del mercato del caffè specialty, in particolare quello monorigine.

Il caffè specialty è un tipo di caffè di altissima qualità, spesso tracciabile fino alla singola piantagione, e valutato con punteggi superiori a 80 su 100 da assaggiatori professionisti. Ma ciò che rende il caffè specialty ancora più interessante, oltre al sapore, è il modello etico e sostenibile alla base della sua produzione.

In questo contesto, i coltivatori ricevono un prezzo più alto per i loro raccolti. Non si tratta solo di pagare di più, ma di creare relazioni dirette e trasparenti tra torrefattori e produttori. Questo consente ai piccoli agricoltori di:

  • ricevere una retribuzione equa e stabile;
  • investire in formazione e attrezzature;
  • migliorare la qualità del prodotto nel tempo;
  • uscire dal circolo vizioso della povertà.

Inoltre, il caffè specialty pone grande attenzione alla sostenibilità ambientale, prediligendo coltivazioni ombreggiate (che preservano la biodiversità), limitando l’uso di pesticidi e riducendo l’impatto ambientale complessivo.

Perché la questione ci riguarda da vicino

Potremmo pensare che la realtà dei coltivatori di caffè, a migliaia di chilometri di distanza, non ci tocchi direttamente. Ma non è così. Ecco perché:

  1. Scelte consapevoli fanno la differenza
    Ogni volta che acquistiamo un caffè al supermercato o lo beviamo al bar, stiamo facendo una scelta. Optare per caffè certificati Fair Trade o specialty significa sostenere un modello più giusto di economia globale.
  2. Un futuro sostenibile per il caffè
    Se i coltivatori non riescono a sopravvivere con il lavoro nei campi, molti abbandoneranno la produzione di caffè per colture più redditizie (o emigreranno). Questo, nel tempo, potrebbe mettere a rischio l’intero settore e la qualità del caffè disponibile a livello globale.
  3. Giustizia sociale e dignità del lavoro
    Come consumatori, abbiamo il potere di influenzare la filiera. Sostenere pratiche agricole giuste significa contribuire a un’economia più equa, in cui il valore viene distribuito in modo più bilanciato tra chi produce e chi consuma.

Come possiamo contribuire?

  • Acquistare caffè con certificazioni trasparenti: Fairtrade, Rainforest Alliance, UTZ e, soprattutto, caffè specialty tracciabili.
  • Sostenere torrefattori etici e locali: molte microtorrefazioni collaborano direttamente con i produttori.
  • Informarsi e sensibilizzare: parlare del problema con amici, familiari e sui social aiuta a diffondere consapevolezza.
  • Pagare il giusto prezzo: se un caffè costa poco, è probabile che qualcuno lungo la filiera sia stato sottopagato.

Il caffè è molto più di una bevanda: è il frutto del lavoro di milioni di persone, spesso invisibili, che faticano per garantirci un piacere quotidiano. Pagare il giusto prezzo per una tazzina non è solo un atto di gusto, ma un gesto di responsabilità.

La prossima volta che sorseggi un caffè, chiediti: “Chi ha lavorato per farmelo arrivare fin qui?”
E poi scegli, consapevolmente, di premiare la qualità, la dignità e il rispetto.

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